Calamite per “bleffare” i tachigrafi digitali. Un trucchetto vecchio di anni per non far risultare lo sforamento dei tempi di guida e di riposo dei conducenti.
Dopo l’emergere di una serie di irregolarità commesse da dipendenti dell’impresa di autotrasporti «Transma», multati in varie città italiane sempre per la solita violazione i due titolari erano stati denunciati per omissione dolosa di cautele anti-infortunistiche.
L’INDAGINE DELLA POLIZIA STRADALE
L’indagine della polizia stradale era scattata dopo un controllo casuale a Venezia, con la scoperta di una calamita applicata vicino al trasmettitore di movimento, nella zona del cambio, di un mezzo della Transma. Una volta terminato il regolare orario di guida, con un telecomando l’autista poteva attivare il magnete che inganna il tachigrafo segnalando un autocarro fermo anziché in movimento. I poliziotti veneti si erano insospettiti perché la verifica informatica di routine al tachigrafo digitale faceva stranamente risultare come il camion fosse in sosta da alcune ore, quando in realtà era stato fermato in marcia.
L’autista aveva dichiarato nel verbale di essere stato convinto, anche se non costretto, dai titolari della ditta ad utilizzare il marchingegno truffaldino. Era emerso che anche la polizia municipale di Verona aveva già multato un mezzo della Transma per le stesse irregolarità. Dal Veneto era partita una segnalazione alla polstrada di Asti che aveva compiuto una perquisizione nella sede della Transma sequestrando alcune calamite.
AL PROCESSO
Al processo tre dipendenti dell’impresa astigiana hanno dichiarato di essere stati convinti ad utilizzare le calamite anche con velate minacce di licenziamento. In questo modo sarebbero stati ripetutamente sforati i tempi di guida e riposo nei viaggi, con camionisti rimasti al volante per troppe ore senza soste. «Contestiamo la ricostruzione accusatoria – dice l’avvocato difensore – Abbiamo dimostrato che dopo ogni ritiro di patente i titolari dell’impresa inviavano una lettera di richiamo al dipendente. Secondo noi erano gli stessi autisti a procurarsi e utilizzare le calamite. La sentenza è doppiamente sbagliata sia nel merito che nella pena, a mio avviso sproporzionata. Faremo appello». Il giudice ha ritenuto che la lettera di richiamo da parte dei datori di lavoro fosse solo un maldestro tentativo di precostituirsi una prova a discarico.
Al termine del processo il giudice accogliendo pienamente l’impostazione accusatoria della procura ha condannato gli imputati a 3 anni ciascuno con l’accusa di manomissione di strumenti finalizzati a salvaguardare la sicurezza sul lavoro, comportamento punito dall’art. 437 del codice penale e considerato applicabile anche rispetto al tachigrafo anche dalla Cassazione in più di un’occasione proprio da un anno a questa parte.